Trento, 13 luglio 2011
DISEGNO DI LEGGE
Integrazione della legge provinciale 6 marzo 1998,
n. 4, in materia di energia: partecipazione
dei comuni trentini e dell’azionariato diffuso
al capitale delle societÀ partecipate dalla
Provincia di Trento nel settore energetico
relazione
L’acqua è il bene pubblico per antonomasia. Ogni suo utilizzo che possa portare beneficio e ricadute di tipo economico dovrebbe essere indirizzato alla ricaduta sull’intera collettività o in ogni caso sulla maggior parte delle persone che vivono ed operano in un dato territorio. Se vi è la possibilità di investire sulla gestione dell’acqua a fini energetici, deve essere consentita a tutti i cittadini l’opportunità di aderirvi.
Atti politici discussi ed approvati in Consiglio provinciale dovrebbero confermare l’impegno della Provincia a trasferire agli enti locali ed ai cittadini trentini gli utili derivanti dallo sfruttamento delle acque trentine, poiché oggi non è esattamente così. In particolare l’articolo 25 della LP 27/2010 (legge finanziaria 2011) afferma che “la Provincia favorisce la partecipazione dei piccoli risparmiatori al capitale sociale delle società partecipate, in modo particolare nel settore energetico. La Giunta provinciale adotta specifiche direttive per le proprie società per il perseguimento delle finalità previste da questo comma ove ciò sia compatibile con la natura delle società”.
Già il 23 aprile 2008, prima ancora della costituzione delle due società di gestione delle grandi derivazioni idroelettriche, il Consiglio provinciale impegnava la Giunta provinciale “a verificare la possibilità, direttamente o tramite Tecnofin Trentina spa e comunque prima della costituzione delle due New.Co. tra Dolomiti Energia ed Enel/Edison, di trasformare Dolomiti Energia spa in una public company o di fare in modo che futuri aumenti di capitale sociale di Dolomiti energia spa possano essere sottoscritti anche da un ampio numero di cittadini e di piccole imprese residenti in Trentino, affinché la partita della gestione delle risorse idriche e della produzione idroelettrica dei prossimi decenni possa vedere la partecipazione diretta di tutti i cittadini e di tutte le piccole imprese interessate, in aggiunta agli enti pubblici ed alle principali imprese, pubbliche e private anche non trentine, fin qui coinvolte”.
Purtroppo, è stato fatto abbastanza poco in questa direzione. Un aumento di capitale sociale di Dolomiti Energia Spa è avvenuto solo dopo la costituzione delle due New.Co., offrendo però la possibilità di sottoscrizione solo a due “categorie di soggetti”, originariamente esclusi dalla partita, i Consorzi BIM ed il mondo cooperativo trentino. Ma l’apertura ai BIM, in un certo modo in rappresentanza di tutti i comuni trentini, appare assolutamente sottodimensionata rispetto al peso politico ed ai diritti che gli stessi comuni dovrebbero poter esercitare in misura enormemente superiore.
Nel frattempo, Dolomiti Energia ha assunto una dimensione tale che è oggi assai difficile e problematico immaginare che gli attuali soci, moltissimi privati, che si sono visti ben remunerare i loro investimenti rinuncino ad esercitare il loro diritto di prelazione a fronte di un aumento di capitale sociale tale da spostare significativamente il controllo nelle mani della Provincia, degli enti locali trentini e dell’azionariato diffuso, i “piccoli risparmiatori” costituiti da cittadini e piccole imprese del Trentino. Eppure questa era l’operazione che il Consiglio provinciale aveva auspicato più volte, cogliendo anche i solleciti forniti dal nostro Gruppo.
In Trentino le concessioni delle grandi derivazioni idroelettriche ex Enel ed ex Edison sono state prorogate fino al 2020 a società composte al 49% del capitale sociale dagli ex concessionari ed al 51% da soci prevalentemente trentini la cui catena di controllo risale a soci pubblici, in particolare la Provincia di Trento, che assicura la tutela e la gestione degli interessi di tutti i cittadini e di tutte le autonomie locali del Trentino, ed i Comuni di Trento e di Rovereto. Paradossalmente, i territori ed i Comuni che più di tutti hanno pagato in termini di costi ambientali il sacrificio derivante dalla costruzione e dalla gestione cinquantennale delle opere relative alle grandi derivazioni non sono presenti ai vertici della catena di controllo e comando, ma solo in misura assolutamente marginale ed oggettivamente insufficiente ed a volte indiretta (ad esempio per il tramite dei rispettivi consorzi dei Comuni dei bacini imbriferi montanti di appartenenza), rispetto ai comuni di Trento e Rovereto, i quali obiettivamente, e senza alcun intento polemico, quasi nulla hanno avuto in danno dalla costruzione e dalla gestione delle opere relative alle stesse derivazioni idroelettriche. Un esempio non da poco: in base agli accordi societari, spetta al sindaco del Comune di Rovereto indicare il nome del presidente di Findolomiti, la società capofila del controllo delle grandi centrali. Tutto questo, evidentemente, perché la “macchina” che è stata utilizzata per giungere al controllo delle concessioni delle grandi derivazioni è stata originariamente quella costituita da Trentino Servizi, ovvero dalla società nata dalla fusione delle municipalizzate di Trento (SIT) e Rovereto (ASM). Questo “vizio di origine” rimane ancora oggi e bene spiega il motivo per il quale Findolomiti, anziché essere controllata dai piccoli comuni delle valli, cioè i più danneggiati, o da una vasta platea di piccoli risparmiatori trentini, sia invece controllata dall’asse Trento-Rovereto, città che godono delle maggiori rendite e dei diritti di scelta degli amministratori.
Veniamo ora ad una breve analisi della composizione societaria delle diverse realtà coinvolte.
La società Hydro Dolomiti Enel Srl ha un capitale sociale di 3 milioni di euro, in proprietà di Dolomiti Energia Spa per 1.530.000,00 euro e di Enel Produzione Spa per 1.470.000,00 euro. Dolomiti Edison Srl ha un capitale sociale di 5 milioni di euro: 2.550.000,00 in capo a D.E. spa e 2.450.000,00 ad Edison Spa.
Le due new.co. sono dunque controllate da Dolomiti Energia Spa, nella cui compagine sociale appaiono sia soci pubblici, sia soci privati. Socio di maggioranza relativa e che in base allo statuto ed ai patti parasociali esercita la funzione prevalente è Findolomiti Spa, che detiene il 47,76% del capitale sociale di DE Spa (cioè 196.551.963,00 euro su un capitale sociale di 411.496.169,00 euro). Gli altri soci pubblici prevalenti in DE Spa sono il Comune di Trento con una quota di circa il 5,83% ed il Comune di Rovereto, con una quota del 4,34%. Di rilievo pure la partecipazione della Fondazione Caritro (il 5,31%), la quale gestisce un patrimonio collettivo dell’intero trentino, pur se ricadente prevalentemente sotto il controllo, ancora, delle città di Trento e Rovereto che all’epoca fondarono le rispettive casse di risparmio. Tra i soci privati di DE Spa prevalgono FT Energia composta prevalentemente da soci trentini (11,81%) e la multi utility di Milano e Brescia A2A (7,91%) i cui capitali provengono prevalentemente da fuori regione.
Come anticipato, DE Spa, società multi utility che nel ramo del controllo delle new.co. energetiche ricava una parte consistente degli utili che distribuisce ai soci, è partecipata per oltre il 47% del capitale sociale da una società finanziaria, Findolomiti Energia Srl, il cui capitale sociale di 18 milioni di euro è diviso in tre quote da 6 milioni di euro ciascuna detenute da Tecnofin Trentina Spa (società di sistema della Provincia autonoma di Trento), dal Comune di Trento e dal Comune di Rovereto.
Preme rilevare nuovamente come i Comuni di Trento e di Rovereto esercitino a diverso livello – nella partecipazione in Findolomiti, nella partecipazione in Dolomiti Energia, nella partecipazione economica o “politica” in altri soggetti (come ad esempio Fondazione Caritro), nella partecipazione azionaria di decine di soci privati ivi residenti ed operanti – un ruolo di assoluta prevalenza nelle decisioni sull’uso di una risorsa di proprietà dell’intera collettività trentina, pur non avendo avuto rilevanti impatti sul proprio territorio, incassando la maggior parte degli ingenti utili che poi reinvestono, legittimamente, in prevalenza nei territori di rispettiva competenza. A differenza di piccoli comuni di montagna, ma proprietari magari di enormi estensioni territoriali e che hanno subìto giganteschi danni ambientali e paesaggistici (ne citiamo ad esempio uno per tutti, Daone) che non sono presenti in nessuna compagine sociale (tranne che – nell’esempio appena citato - una piccola partecipazione in DE spa per il tramite del BIM del Chiese).
Non volendo entrare in questa sede nel dettaglio degli utili distribuiti ai soci di DE proventi dai risultati di esercizio delle concessioni delle grandi derivazioni idroelettriche – che in alcuni casi hanno “raddrizzato la barca” di bilanci di società private e di enti pubblici – si desidera però ricordare che in Trentino, oltre alle concessioni per grandi derivazioni, sono operative anche decine di concessioni per derivazioni di minore entità, sempre su acqua pubblica, e spesso a favore di imprese private che raramente hanno coinvolto i comuni locali nel loro lucroso business.
Un affare così conveniente, che negli ultimi anni sono state presentate decine di nuove richieste. Basti pensare che in risposta all’interrogazione n. 816 del 23 settembre 2009, presentata dal nostro Gruppo, il vicepresidente della Provinia affermava che “le concessioni rilasciate dal 2003 ad oggi sono state trentadue… sono state respinte nello stesso periodo trentuno domande… i procedimenti pendenti presso il servizio utilizzazione acque pubbliche e non ancora conclusi con provvedimento di concessione sono novanta… “ (!)
Nella stessa risposta veniva definita “plausibile la preoccupazione esposta nell’interrogazione”, che vi fosse cioè un’eccessiva richiesta con conseguenti rischi anche per l’ambiente naturale, visto che i corsi d’acqua rappresentano i principali corridoi ecologici. Nello stesso giorno veniva depositata dal nostro Gruppo la proposta di mozione n. 138 per chiedere una “moratoria di cinque anni sulle domande di derivazione d’acqua a scopo idroelettrico”. Veniva in questa sede sollecitata la giunta provinciale a sospendere l’iter di tutte le domande già depositate ed a rilevare nel periodo della moratoria proposta “con un lavoro interdisciplinare che consideri al fianco delle problematiche energetiche anche gli impatti ambientali e paesaggistici, tutte le realtà fluviali ancora potenzialmente utilizzabili ed a procedere all’eventuale successiva concessione delle derivazioni seguendo rigorosamente il seguente ordine: prima la Provincia autonoma, cioè la titolare del “demanio idrico” o società da essa controllate; poi il Comune od i Comuni interessati o società da essi controllate; quindi il cosiddetto “privato sociale”, cioè i consorzi elettrici o società cooperative o senza fine di lucro appositamente costituite; infine il privato, ma solo nel caso che gli Enti locali abbiano espressamente rinunciato all’utilizzo”.
Si pone ora il problema di come intervenire – a quale livello della catena di controllo societario, con quante risorse, come convincere gli attuali soci a rinunciare alla prelazione – per trasformare progressivamente le società che gestiscono le concessioni delle grandi derivazioni idroelettriche in public companies, oppure in società ad azionariato diffuso. Un traguardo molto ambizioso ma molto difficile di fronte al quadro così costituito; meglio sarebbe stato intervenire all’atto della costituzione delle New.Co., come aveva auspicato il Consiglio provinciale con il lungimirante voto del 23 aprile 2008. Di certo alcuni passaggi sono necessari ed ineludibili. Bisogna “rastrellare” nuove risorse tra la Provincia, gli enti locali ed il cosiddetto “azionariato diffuso” attraverso apposite campagne e con l’insostituibile intervento di banche ed intermediari finanziari. Con queste nuove risorse si potrebbero sottoscrivere le azioni di nuova emissione per aumentare il capitale sociale di società già operanti, ovvero finanziare la costituzione di una nuova società la quale intervenga successivamente o acquistando le azioni dagli attuali proprietari oppure sottoscrivendo aumenti di capitale sociale delle società esistenti. In tutti i casi, l’obiettivo è quello di spostare il baricentro del controllo delle società di gestione degli impianti – lo si faccia a livello di finanziaria capofila, ovvero intervenendo sul capitale sociale della multi utility DE o su quello delle due New.Co. – sempre più sul “pubblico”, inteso in particolare come Provincia in quanto “dominus” ed in quanto garante degli interessi di tutti i cittadini trentini, sui comuni con particolare attenzione per quelli maggiormente danneggiati, ed infine sui cittadini risparmiatori e sulle piccole imprese che potranno così investire i loro risparmi in quote di società trentine protagoniste dello sviluppo della nostra terra, anziché essere costretti a dover rischiare i propri capitali su un mercato altamente rischioso e volatile.
L’intervento apparentemente più semplice, in quanto coinvolgerebbe solo pochi attori chiamati a rinunciare al loro diritto di prelazione sulle azioni di nuova emissione, parrebbe quello di aumentare il capitale sociale di Findolomiti Spa. Un ipotetico aumento di capitale di 20 milioni di euro (da 18 a 38) potrebbe essere sottoscritto per metà da Provincia e Comuni diversi da quelli di Trento e Rovereto e per un’altra metà attraverso il collocamento delle azioni ad un azionariato diffuso, con tagli da 10 a 40-50 mila euro, accessibili dunque ad una fascia potenzialmente ampia di piccoli azionisti trentini, cittadini privati e piccole imprese, nessuno dei quali possa prevalere sugli altri soci poiché la quota (o le quote) non dovrebbe superare una percentuale comunque molto contenuta. In questo modo la società di gestione del pacchetto azionario della maggioranza relativa del capitale sociale di DE avrebbe una composizione più ampia ed eterogenea, nonché più rappresentativa della realtà trentina, non limitandosi solo alla Provincia (tramite Tecnofin) ed ai due Comuni maggiori.
Ad un altro livello si potrebbe intervenire attraverso l’aumento di capitale sociale di Dolomiti Energia; ma qui appare assai difficile immaginare di poter convincere decine e decine di soci pubblici e privati a rinunciare al diritto di prelazione sulle azioni di nuova emissione. Inoltre, in questo caso come in quello di Findolomiti, in realtà si agirebbe sul controllo dell’intera società multi utility, la quale non svolge solo l’attività di produzione idroelettrica per mezzo delle consociate HDE e DEE. Diverso sarebbe immaginare quindi di scorporare da DE proprio l’attività di produzione idroelettrica, conferendo questo ramo d’azienda ad una nuova società nella quale il 51% del capitale sociale sia costituito da quote acquistate dalla Provincia, da tutti i Comuni ed in misura minoritaria da azionariato diffuso trentino e dalla stessa DE.
Ulteriore soluzione parrebbe quella di procedere all’aumento di capitale sociale da parte delle due new.co., capitale che sarebbe sottoscritto – dopo la rinuncia da parte dei soci privati (?) o quantomeno da parte dei soci privati di DE o dalla stessa multi utility – da Provincia, Comuni trentini ed azionariato diffuso.
Per chiudere questo esercizio di “finanza creativa”, esercizio che in realtà potrebbe proseguire quasi all’infinito, si segnala anche la possibilità di dare vita ad una nuova società, che potremmo chiamare per fantasia “Trentino Energia Spa”, il cui capitale sociale sia composto al 51% di quote in proprietà della Provincia e dei Comuni – sempre attraverso un riparto che tenga conto non solo delle dimensioni di popolazione e di territorio, ma anche del danno subito dalla presenza di attività idroelettriche passate, presenti e future – e per il 49% da azionariato diffuso. TE Spa dovrebbe quindi sottoscrivere l’aumento di capitale sociale di HDE e di DEE di spettanza di DE ma non esercitato da DE, oppure esercitato da DE e poi ceduto a TE. Oppure ancora, subentrando a DE nell’esercizio del diritto, già sancito all’atto del passaggio degli impianti da Enel ed Edison alle nuove società, di acquisire le nuove quote di proprietà di HDE e di DEE che saranno messe a disposizione da Enel ed Edison, società il cui peso specifico è dunque previsto in riduzione entro il 2020. In questo modo, entrambe le società potrebbero garantire ai soci privati Enel ed Edison di conservare il 49% originario delle quote (o la nuova percentuale già accordata), ma il 51% di entrambe le società (o la nuova maggiore percentuale) sarebbe “spalmato” su un numero maggiore di soci, facendo prevalere ulteriormente la quota pubblica laddove nel “pubblico” dovrebbero esservi molti più Comuni di oggi (anzi dovrebbero esserci tutti!) ed una rilevante presenza di piccoli azionisti al fianco di coloro che, direttamente o attraverso società quali FT, sono già presenti nella compagine societaria.
Ovviamente qualcuno potrà rilevare che i Comuni trentini ricevono già del denaro – attraverso i sovraccanoni gestiti dai consorzi BIM ed i canoni aggiuntivi gestiti con una intesa tra le comunità di valle ed i comuni figlia di un protocollo siglato tra il presidente della Provincia e quello del Consiglio delle autonomie locali – per l’attività di derivazione idroelettrica, che avviene nei territori di loro competenza, canoni che considerano i danni subiti o che offrono compensazioni per i ripristini ambientali. Ci si permetta, con un’immagine un po’ colorita, di considerare questo denaro come le briciole cadute dalla tovaglia… cioè molto poco rispetto alla sostanza della ricchezza in gioco.
Qui è in gioco la vera “democrazia economica” di un territorio autonomo che ha la titolarità giuridica di un bene comune e che può ottenere il massimo possibile dalla proprietà economica degli strumenti per la sua gestione : l’acqua è pubblica e prima di tutto devono guadagnarci i cittadini, tutti i cittadini, tramite la Provincia, tramite i Comuni o direttamente, ma in quote che consentano a ciascuno di poter esercitare un diritto, senza prevalere sui diritti degli altri.
Il disegno di legge si compone di tre articoli. L’articolo 1 inserisce l’articolo 1 quater nella legge provinciale n. 4/1998, formulando le “disposizioni per la gestione delle società partecipate dalla Provincia nel settore energetico”. Obiettivo della Provincia dovrà essere quello di favorire la partecipazione dell’azionariato diffuso e di tutti i comuni trentini, con particolare riguardo per quelli più danneggiati dalla presenza di derivazioni idroelettriche, al capitale delle società partecipate dalla Provincia che operano nel settore dell’energia. Il secondo comma fissa in sessanta giorni il termine entro il quale la Giunta dovrà approvare le misure per raggiungere questa finalità. Entro lo stesso termine, la Giunta dovrà provvedere anche a stabilire i criteri per la distribuzione ai comuni delle nuove quote (comma 3.), tenendo in considerazione alcuni parametri, tra i quali la presenza e l’incidenza di opere di derivazione idroelettrica ed i danni subiti dal territorio dei comuni. Il quarto comma dispone una moratorie triennale, a decorrere dal primo gennaio 2012, per la concessione di nuove derivazioni. In questo modo potrà essere verificata la sostenibilità di nuove concessioni e l’efficacia del piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche.
L’articolo 2 aboga il comma 6 della legge finanziaria 2011.
Con l’articolo 3 vengono fissate le disposizioni finanziarie, prevedendo un impegno di 20 milioni di euro nell’esercizio finanziario 2012, di 10 milioni nel 2013 e di altrettanti nel 2014.
Cons. Roberto Bombarda
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DISEGNO DI LEGGE
Art. 1
Inserimento dell'articolo 1 quater nella legge provinciale 6 marzo 1998, n. 4 (Disposizioni per l'attuazione del decreto del Presidente della Repubblica 26 marzo 1977, n. 235. Istituzione dell'azienda speciale provinciale per l'energia, disciplina dell'utilizzo dell'energia elettrica spettante alla Provincia ai sensi dell'articolo 13 dello statuto speciale per il Trentino - Alto Adige, criteri per la redazione del piano della distribuzione e modificazioni alle leggi provinciali 15 dicembre 1980, n. 38 e 13 luglio 1995, n. 7)
1. Dopo l'articolo 1 ter della legge provinciale n. 4 del 1998 è inserito il seguente:
"Art. 1 quater
Disposizioni per la gestione delle
società partecipate dalla Provincia
nel settore energetico
1. La Provincia favorisce la partecipazione dell'azionariato diffuso e di tutti i comuni trentini, con particolare riguardo per quelli più danneggiati dalla presenza di derivazioni idroelettriche, al capitale sociale delle società partecipate dalla Provincia che operano nel settore dell'energia. Per azionariato diffuso si intendono i soggetti che detengono singole quote di capitale sociale di importo nominale non superiore a 50.000 euro o allo 0,1 per cento del valore interamente versato del capitale sociale.
2. Entro sessanta giorni dall'entrata in vigore di questa legge la Giunta provinciale, sentita la competente commissione del Consiglio provinciale, approva misure per l'aumento della partecipazione dei comuni e dell'azionariato popolare nel capitale sociale delle società partecipate dalla Provincia che operano nel settore dell'energia, eventualmente anche attraverso la costituzione di una nuova società finanziaria a prevalente partecipazione pubblica. In particolare individua le procedure per il collocamento tra i piccoli risparmiatori delle quote derivanti da operazioni di aumento di capitale sociale, promuovendo un'intesa con i comuni di Trento e di Rovereto e con il Consiglio delle autonomie locali affinché questi due comuni possano esprimere la rinuncia ad esercitare il diritto di opzione sull'acquisto delle quote sociali di nuova emissione a favore degli altri comuni trentini e dell'azionariato diffuso.
3. Per consentire a tutti i comuni trentini di procedere all'acquisto delle quote di nuova emissione, entro sessanta giorni dall'entrata in vigore di quest'articolo la Giunta provinciale, d'intesa con il Consiglio delle autonomie locali e sentita la competente commissione del Consiglio provinciale, stabilisce criteri per la distribuzione delle quote tra le diverse amministrazioni, tenendo conto almeno dei seguenti parametri:
a) popolazione residente nel comune il 31 dicembre 2010;
b) superficie del comune;
c) presenza nel comune e grado d'incidenza di opere di derivazione idroelettrica;
d) danni subiti dal territorio del comune a causa delle attività connesse alle derivazioni d'acqua a scopo idroelettrico.
4. Per tre anni, a decorrere dal 1° gennaio 2012, è sospesa la concessione di nuove derivazioni d'acqua a scopo idroelettrico. In questo periodo la Provincia, tenendo conto dei deflussi minimi vitali e del piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche, verifica la sostenibilità di nuove concessioni, anche promuovendo una revisione del piano in parola."
Art. 2
Modificazione dell'articolo 25 della legge provinciale 27 dicembre 2010, n. 27 (legge finanziaria provinciale 2011)
1. Il comma 6 dell'articolo 25 della legge provinciale n. 27 del 2010 è abrogato.
Art. 3
Disposizioni finanziarie
1. Per attuare questa legge è autorizzata la spesa di 20 milioni di euro nell'esercizio finanziario 2012, di 10 milioni di euro nell'esercizio finanziario 2013 e di 10 milioni di euro nell'esercizio finanziario 2014. Alla copertura di quest'onere si provvede riducendo per un pari importo e per i medesimi esercizi finanziari il fondo per nuove leggi - spese in conto capitale, unità previsionale di base 95.5.210 del bilancio provinciale.
2. La Giunta provinciale è autorizzata ad apportare al bilancio le variazioni conseguenti a questa legge, ai sensi dell'articolo 27, terzo comma, della legge provinciale 14 settembre 1979, n. 7 (legge provinciale di contabilità). |